Un buon 2010 per l’Edera Una liberaldemocrazia mazziniana nel nostro futuro di Francesco Nucara Come dice Roberto Beccantini, giornalista sportivo de "La Stampa", "sarà un anno di sentenze il 2010". Egli si riferisce ovviamente allo sport, ma quest’assunto possiamo tranquillamente trasferirlo alla politica. E’ molto difficile per noi fare un bilancio politico-partitico dell’anno che si chiude. Troppe sono le scorie che ci portiamo dietro dagli ultimi anni. Vorremmo che le nostre arterie intasate da anni di accumulo di placche di colesterolo improvvisamente si liberassero da queste ostruzioni e cominciassero a funzionare perfettamente. Non è così e non sarà così. In questi due anni trascorsi siamo stati talvolta blanditi e insieme subito dopo accusati di tutto. Per dirla con Alan Dershowitz, il più noto avvocato penalista americano, a proposito degli ebrei nemici di Israele: "Queste sono accuse formulate su metafore, imputazioni basate su propaganda, processi guidati da fanatismo, colpe argomentate con la retorica, sentenze dettate dagli slogan". Sono gli avversari repubblicani nel Partito Repubblicano Italiano che, a corto di argomenti logici sul posizionamento politico, tentano di ribaltare una situazione che loro stessi hanno contribuito a stabilizzare o almeno hanno tentato di farlo non più tardi di un anno fa. Se vogliamo con le nostre modeste forze contribuire a fermare la crisi della politica, bisogna farla finita con la prevalenza dei poteri forti, quelli che danno l’indirizzo politico-parlamentare al Paese senza mai pagare dazio sui tanti errori commessi. Noi rimaniamo ancorati all’idea del primato della politica. Questo vale anche per le liberalizzazioni, che non possono essere il viatico verso un mercatismo selvaggio, a discapito delle classi più deboli e con la fine delle pari opportunità per tutti. Il futuro del PRI è nel progetto liberaldemocratico moderno e ne sentiremo parlare molto presto. Naturalmente con il ruolo e la capacità che attiene ad ognuno di noi. C’è chi ha il piacere di dilettarsi in letture più o meno amene e chi invece sente il dovere di un lavoro fisico, a volte logorante, per far vivere una famiglia ereditata allo sfascio e con i figli che scappavano a destra e a manca anche per la paura, non del tutto mal riposta, che la casa stesse per crollare. E’ difficile riprendere un cammino comune che abbia come obiettivo esclusivo l’interesse generale del repubblicanesimo: troppo rancore si è accumulato contro un gruppo dirigente che ha l’unico torto di aver salvato la barca dal naufragio certo. Tuttavia al rancore degli altri noi porgiamo una stretta di mano e la voglia di un confronto per decidere insieme il da farsi. Come dice Mario Calabresi nel suo ultimo libro "La fortuna non esiste": "Non importa quante volte cadi. Quello che conta è la velocità con cui ti metti in piedi". Noi ci rifiutiamo di arrenderci e di dileguarci in questo o quel partito e non intendiamo nemmeno fare la fine del giapponese che, finita la seconda guerra mondiale, continuava una sua personale guerra. Intendiamo batterci e lottare per continuare una storia che non abbiamo iniziato noi ma che certamente non vogliamo chiudere noi. Il nostro compito-dovere è quello di dare ad altri la possibilità di continuarla, questa storia. Una storia che nasce con il Risorgimento e che qualcuno vorrebbe capovolgere. Non lo consentiremo e utilizzeremo tutte le nostre forze attualizzando alla società moderna il pensiero mazziniano, seguendo il percorso tracciato da Ugo La Malfa. Scriveva Piero Calamandrei: "Dove finisce la santa fierezza che comanda di non piegar la schiena di fronte alle soperchierie, e dove comincia la bassa e petulante litigiosità che rifugge da ogni senso di sociale tolleranza e di comprensione umana? E’ questo uno dei più difficili problemi che ogni giorno tormentano la coscienza dell’avvocato…". Ecco, noi siamo e saremo gli avvocati dell’idea repubblicana che va aggiornata anche o soprattutto con un ricambio generazionale; esso però non deve significare ricambio anagrafico, bensì freschezza delle idee e ostinazione a volerne affermare la bontà. A noi interessa più la sorte del Partito che quella del Governo. Tuttavia la maggioranza parlamentare di cui tutt’oggi il PRI fa parte è piena di luci ed ombre. Attaccarla sull’economia ci sembra un errore fatale visto che l’Italia, pure in crisi, lo è meno degli altri paesi. Sarebbe noioso citare qui tutti gli indici economici forniti dall’OCSE, da Moody’s, o dal FMI. E’ nelle libertà civili e sulla laicità dello Stato che dobbiamo condurre le nostre battaglie parlamentari, anche votando contro la maggioranza, ma in quest’ultimo caso, probabilmente, anche contro alleati che qualcuno prefigura in un prossimo futuro e che comunque sarà il congresso di aprile a definire. Quando si ha voglia di lottare per gli altri prima che per se stessi, quando le idee contano più di noi stessi, quando si è certi di stare dalla parte del giusto niente è impossibile. Scriveva il principe di Metternich: "Ebbi a lottare contro il più grande dei soldati, giunsi a mettere d’accordo imperatori e re, uno czar, un sultano, un papa, principati e repubbliche, avviluppai e sciolsi venti intrighi di corte, ma nessuno mi diede maggiori fastidi al mondo d’un brigante d’Italiano, magro, pallido, cencioso, ma eloquente come la tempesta, ardente come un apostolo, astuto come un ladro, disinvolto come un commediante, infaticabile come un innamorato. Il quale ha nome Giuseppe Mazzini". Forse se avessimo in noi un po’ degli aggettivi sferzanti che Metternich attribuisce a Mazzini potremmo, ancora una volta, vincere la nostra battaglia per l’esistenza di un’idea secolare. Buon 2010 ai nostri lettori, ai repubblicani con la tessera e a quelli senza. Buon anno all’Italia! |